Note Panunziane (di Edenz Pastora) - EP.4

Depeche Mode edenz paestora Note Panunziane Rubrica

Sono frammenti. Sono cose trovate sotto una pietra. Del resto, "Clinic-Alternative Music Store" è venuto ad essere, con gli anni, un santuario di ritrovamenti salvifici. Non si esagererebbe ad aggiungere "miracolosi". Ecco dunque, in questo presidio alle soglie del deserto, piccolo tempio del fatto culturale, apparire queste "note a pie' di pagina" (Bobi Bazlen). Intestate ad una alterità culturale molfettese poco illuminata da fari d'interesse. Sergio Panunzio. Occultato nell'ombra quasi infera, costrettovi dall'involontario santo laico Gaetano Salvemini. Sergio Panunzio fu uomo di intelligenza panica. Che navigò, sul motopeschereccio classico dell'Anarchia d'indole del molfettese, dal sindacalismo rivoluzionario al fascismo. Ma che muore, nascosto alla caccia fascista, in quel di Roma, nel periodo ambiguo che marca la fine dell'Italia mussoliniana. Le sue sono suggestioni per un piccolo "osservatorio sui territori di confine" che, dalle rilevazioni archeologiche, cercherà di portare alla luce reperti che contribuiscano a comporre un affresco, per vocazione incompiuto, della "Invisible Republic". Greil Marcus è il supremo cabalista di questi frammenti. Il maestro vissuto quasi quotidianamente, ma indegnamente - tra il 1987 e il 1989 - è Franco Cassano. Eccentrico e decentrico d'antidogmatismo. Divisa da piccolo maestro anglosassone. Ma del calvinismo sghembamente mediterraneo.

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EP.4 - Fletch's Ukontrapupit

Ed ecco da dove vengono, questi figli della sfessatura edonista. I campioni della unica grande rivoluzione del Ventesimo Secolo. Quella della felicità. Gli Anni Ottanta dell'Ottobre alla rovescia. Liquidati in scolo fognario "glamour" dall'ultima difesa della recensione discografica-si badi bene, la critica musicale è ben altro, e vive d'ombra di gentilizio da visita cimiteriale estiva. Vengono da un deserto rimasticato di simbologie da nonnina che recita il rosario nel solatio "appomeriggio" del Meridione Mediterraneo. "Libro delle Preghiere" da chissa' quante mani scartabellato a cercar di decrittare quella salmodia infarcita di latino che serviva a tener lontano lo zappaterra e il marinaio pezze al culo dalla lettura. Statua d'affezione di chiesa pregata in cammino votivo golgoteo-figlio di risveglio alle quattro del mattino. Figurine votive ridotte ad ostia sottilissima e fragilissima-sacri doni da "Don Ciccio" o "Don Franco", ognuno scelga il nome che più aggradi. "Cosmopolitan" o "Playboy" commescolati a sacerta' ancor nascoste nelle case di coloro che sanno cosa sia la "controra" è miracolo che poteva essere messo in sacra rappresentazione depravata-e dunque, la più sacra che ci sia, da custodire preziosamente nel proprio "Libro delle Preghiere"-dai "Depeche Mode". Del resto, in quel collettivo "glamour", un reale miracolato, uno che può tranquillamente parlarti di Padre Pio o di Natuzza Evolo-senza trascendere nel ghigno lercio di cretinismo dello scientista figlio della "pezzenteria" arricchita in borghesia "dagli studi fattizzi", classica specialità meridionale attanfata di rancido-c'è. È Dave Gahan. Dichiarato clinicamente morto e tirato fuori per i capelli dall'Angelo della Buona Morte-spesso citato dal sacerdote d'Oscuro Napoletano Toto'-da quel famoso "tunnel con una luce in fondo" citato in moltissime descrizioni di vita oltre la morte. Insanguinare immagini "corbijniane" dei tre accordi dal Delta del Mississippi non poteva riuscire che a Martin Gore. Questo folletto, per certo, è stato crismato da un viaggio in sogno nel "Regno delle Fate". Quello descritto nel manoscritto di Robert Kirk denominato "Il Regno Segreto". Compitato in maniera esoterica da Mario Manlio Rossi, l'anglista che s'accompagna alla figura di prismatica sapienza britannica-Aleister Crowley. Le Fate birichine hanno voluto far dono di saggezza chitarristica primitiva. Martin Gore conosce, biologicamente, la composizione dello scolo fognario "negro/nero". Sa distinguere benissimo i residui di sangue, piscio e feci che ne compongono il sublimato che ha da bersi fino alla fine dei tempi. Che per i neri d'America è già venuta. La sapienza finale è libro rivelato. Sta ai più modesti la capacità di rubare pozioni magiche da quel libro. Dave Gahan lo fa attraverso i suoi "SoulSavers"-gospel e blues degni del furto dylaniano. Martin Gore lo fa da vagabondo "alla Woody Guthrie". Entrando in negozietti di strumenti musicali del Sud degli Stati Uniti a provar chitarre. Massaggiandole dolcemente, come farebbe col corpo profumato di selvatico di una contadinella della campagna inglese da una classica oleografia ottocentesca, di accordi dalla primitivita' del "pre-war black music". È una immagine emblematica. Sta in "Depeche Mode 101". Documentario in rigoroso bianco e nero. C'è Don Pennebaker tra i registi. Colui che vergo' in immagine definitiva, ad icona d'idolo dagli Anni Sessanta-reale figurina votiva nelle sacre mani della "nonnina del rosario di prima sera"-, Bob Dylan. Colui che colse nell'esibizione finale quello "Ziggy Stardust"/David Bowie che fu, anche lui, adepto del cercatore di segreti esoterici nell'Himalaya-Aleister Crowley. E c'è Anton Corbijn, sodale di laboratorio d'opera d'arte totale del "Clairvoyant" Robbie Robertson. I "Depeche Mode" stanno nelle mani rugose che trattengono a tesoro un libro di preghiere. È quel "My Mother's Hymn Book" cantato, in versi per l'ultimo imbarco, da Johnny Cash/ È bellissimo incontrare per le strade di Molfetta volti, corpi, accenti strani. Anch'essi profumano di selvatico. Ma è strano profumo. Viene dagli occhi. Sono occhi che si nutrono della terra e dell'acqua di confine. Quello in cui l'Europa diviene Asia. Si dice che Edmund Husserl avesse sguardo simile. Ti oltrepassa di infinito. Per le donne dell'Est Europa. Per quel profumo di muschio bianco che dice di spiaggia e sole mediterraneo.

 (Foto di copertina: Nicaragua, 1979. Guerriglia sandinista. "El Comandante Cero". Elaborazione fotografica di Aleksandr"Ant"Rodcenko)

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