P.oZ. e la Rubrica dei Dischi Onirici: IRA di IOSONOUNCANE

IOSONOUNCANE P.oZ. Rubrica

C’è il sole alto. Le strade sono vuote e la fronte comincia a imperlarsi di sudore. Da lontano si vede il mare e nelle orecchie una chitarra acustica che arpeggia incorniciata da un pianoforte. Onde e tastiere che si incuneano insieme ad una voce, una voce strana che parla in una lingua arcaica, distante, aliena. Parole di una lingua nuova, irriconoscibile e nuova che parla e da sola si inerpica, scava, avvolge… Quasi come una promessa di speranza, una mano che si allunga e ti invita a seguirla. Vieni, ti dice...Ti accarezza. Una mano, una figura nera che si allontana nel sole. Non puoi far altro che seguirla quella mano, quell’armonia, quell’ombra che si allontana sempre di più verso il sole, quella voce così melodiosa che ti accarezza. Quella voce che sa come circuirti. Si, che sa come circuirti perché ad un tratto, quella voce scompare e al suo posto un sibilo, come se all’improvviso quella luce diventasse troppo accecante tanto da doverti coprire gli occhi. Ma non sono le tue mani a coprire gli occhi, improvvisamente è il cielo che copre il sole, nuvole che cambiano la prospettiva, crepitii, voce straniera, sconosciuta, ancora una volta.

E all’improvviso il vortice che ti prende e ti trascina giù, verso il basso. Si alza il vento e quella figura che all’inizio voleva condurti per mano si fa beffe di te, comincia a dileggiarti. Attorno a te il vento spazza via tutto, polveroso malato metallico. Sai che non avrai più scampo, sai che sarà la fine. Sai che ne diventerai prigioniero come una caduta nelle sabbie mobili sta per cominciare il tuo viaggio verso un altro mondo. Niente di rassicurante, anche se torna ancora una volta quella voce a sussurrarti, una voce che ti accompagna in una danza tribale, cambia il paesaggio ma non la sostanza, il nero si fa più fitto e improvvisi lampi squarciano l’aria in una catartica risalita contro la resistenza. Bordate e lame, urla e cori di anime tarantolate e corpi che si muovono freneticamente, canti di devozione verso un dio oscuro al quale non chiedere la salvezza bensì solo una punizione esemplare per quello che si è fatto, non importa cosa.

E poi arriva finalmente la notte, chiedere Madre dove sei, torna qui, sono solo, litanie che si confondono in immagini distorte e dissonanti.

Non c’è salvezza IN THE PRISON, aguzzini ti attendono fuori dalle celle ma sai che con un ultimo sforzo potresti farcela a salvarti da tutto questo, basta intonare un canto al cielo e sai che quella voce straniera, di parole astratte è la tua. E’ tua la voce che chiede il riscatto, corale che arriva fino a quelle nuvole che fino ad un attimo fa oscuravano il sole.

Ma è solo un attimo, un’illusione...di colpo sprofonderai nell’abisso più oscuro.

Stolti saranno quelli che aspettandosi il solito lavoro indie alternative che il Nostro ci aveva già donato, cambieranno idea e andranno via al secondo brano schifati e traditi.

Coraggiosi saranno coloro i quali seguiranno l’impervio cammino.

Perché improvvisa la catarsi li coglierà e saranno redenti.

Nel segno dei primi Swans e Michael Gira, di bordate noise e drone music, avant ambient e dark wave onirica.

Cicatrici indelebili.

IRA.

 

(Per chi non conoscesse ancora P.oZ.         

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